Quartiere Chiaia, a Napoli il top per la movida
Da piccolo villaggio a zona preferita della movida partenopea
Napoli è una città splendida, talmente ricca di storia, leggende e profumi da stregare per la vita qualsiasi visitatore si trovi a percorrere i suoi vicoli. Se avete deciso di fare di questa città la meta delle vostre vacanze, non dimenticatevi di passare un po’ di tempo a godere dei giardini e del mare passeggiando per il quartiere Chiaia.
La storia di Chiaia
Nato nel XVI secolo come spiaggia di Napoli, da cui il nome, il quartiere era originariamente un piccolo villaggio che si sviluppava lungo la linea di costa. Chiaia infatti deriverebbe dal latino plaga che, passando attraverso lo spagnolo playa o platja, divenne il napoletano Chiaja, ancora presente in varie iscrizioni, che risulta essere l’antenato più diretto della moderna denominazione. Molto ricco di ville e giardini, alcune delle quali visitabili ancora oggi, l’antica Chiaia sorgeva subito fuori l’omonima porta cittadina (di cui non restano tracce) lungo quella che è l’attuale Riviera di Chiaia.
Fu solo alla metà del XIX secolo con il Risanamento che il quartiere assunse l’aspetto che ha tutt’ora: importanti palazzi d’epoca con splendidi giardini (basti pensare al parco Villa Comunale), alternati a grandi viali alberati e vie dello shopping. Proprio così: oggi la maggior parte della movida napoletana e delle grandi firme della moda (sia internazionale che vecchi orgogli cittadini) si concentrano in questo quartiere.
Chiaia però non è solo una zona di shopping e bella vita: una delle eccellenze nostrane in ambito scientifico anima gli edifici della Villa Comunale sin dal 1872. Stiamo parlando della Stazione Zoologica Anton Dohrn, fondata proprio in quell’anno dallo scienziato polacco e dedicata interamente allo studio di flora e fauna marine. Pensate che a questa istituzione appartiene anche l’acquario più antico di tutta Europa.
La pizza napoletana
Parlare di Chiaia, come di una qualsiasi altra parte di Napoli, senza parlare della pizza napoletana è un po’ come andare a Venezia e non andare in laguna. Questo piatto, infatti, non solo è stato riconosciuto come Specialità Tradizionale Garantita da parte dell’Unione Europea (2010), non solo è una bandiera della gastronomia italiana nel mondo, ma proprio un paio di anni fa l’UNESCO ha dichiarato l’arte del pizzaiolo napoletano come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
La Pizzeria a Napoli dei fratelli Francesco e Salvatore Salvo è un posto ad hoc se volete assaggiare un’ottima pizza nella splendida cornice della Riviera di Chiaia: la tradizione, che iniziò grazie alle attività di nonna Rosa, venditrice di pizza fritta (al pari dell’iconica Sophia Loren nel film L’oro di Napoli del 1954) la domenica fuori la chiesa, si fonde con una sapiente ricerca enogastronomica per proporre a turisti e locali quanto di meglio Napoli e la sua terra possono offrire.
Come riconoscere la vera pizza napoletana? Partiamo dal fatto che, essendo un prodotto artigianale e molto popolare, potreste trovare delle lievi differenze tra pizzeria e pizzeria. Alcuni aspetti, però, non possono (e non devono) essere modificati se vogliamo continuare a parlare di pizza napoletana e non di imitazioni più o meno buone.
- L’impasto deve essere fatto solo con farina, sale, acqua, lievito e deve essere fatto lievitare per almeno 8 ore.
- Una volta terminata la lievitazione bisogna lavorare il panetto, rigorosamente con le mani, con dei movimenti rotatori dall’interno verso l’esterno: in questa maniera l’aria si sposta lungo il bordo dando origine all’alta crosta che caratterizza la vera pizza napoletana (molto bassa al centro, più spessa lungo il bordo), generando un disco grande massimo 35 centimetri di diametro.
- I condimenti devono essere di origine locale (il classico chilometro 0) o al massimo campani.